Il paradigma di DKM

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The DKM Paradigm translated into Italian
By Bronwen and Frans Stiene
Translated by Marina Anna Fellner

NOTA del traduttore:

Paradigma: Un insieme di assunzioni, concetti, valori, e pratiche che, per la comunità che li condivide ,costituisce un modo di vedere la realtà, specialmente in una disciplina intellettuale.

DKM è lo pseudonimo che indica il simbolo ed il mantra utilizzati a livello di Insegnante Reiki. Come Insegnanti Reiki, ci è stato insegnato questo simbolo ed il suo mantra, ma noi ci comportiamo secondo il paradigma di DKM?

DKM in Giappone rappresenta il vuoto, l’illuminazione ovvero la non-dualità. L’aspetto con cui lavori dipende dalla tradizione a cui appartieni.

Noi ci addentreremo nel significato di DKM usando uno di questi aspetti: la non-dualità. All’interno della non-dualità vi è la non distinzione tra noi e gli altri, in termini universali ciò significa che l’universo è noi e noi siamo l’universo.

Essere un Insegnante Reiki equivale ad essere DKM.

In un tentativo di spiegare le armonizzazioni (un elemento del Sistema di Reiki), un Insegnante Reiki può affermare che, affinché la pratica raggiunga l’effetto essa dà qualcosa ad uno studente o che cambia qualcosa nello studente. Può (l’insegnante) persino affermare che senza una armonizzazione lo studente non sarà in grado di praticare il sistema di Reiki ed, inoltre, che l’insegnate Reiki è la sola persona capace di “passare” Reiki. Se guardiamo più da vicino a queste affermazioni, ripetute spesso, possiamo vedere che esse mancano di correlazione con il paradigma della non-dualità di DKM.

Nell’ambito della non-dualità un insegnante Reiki non pretende di fare qualcosa ad uno studente. Non appena affermiamo che diamo qualcosa di speciale allo studente o che armonizziamo qualcuno, noi usciamo da quello spazio non-duale.

Lo spazio di non-dualità è lo spazio dell’Uno; non vi è insegnate né studente e niente da dare. Al livello più profondo, non vi è alcuno da armonizzare. Nel momento in cui pensiamo di dare qualcosa o di fare qualcosa allo studente, ci attacchiamo a ciò che abbiamo donato o fatto e ci aspettiamo un risultato.

Questo attaccamento al risultato dell’ armonizzazione è stato, col tempo, uno dei motivi maggiori della crescente fisicità e complessità del procedimento di armonizzazione.

Quante più azioni fisiche vengono inserite nella procedura di armonizzazione, tanto più le sensazioni superficiali dello studente diventano preminenti. Per esempio: azioni fisiche, come la pressione della mano o del pollice di un insegnante, possono lasciare lo studente con una persistente sensazione fisica; oppure il soffio enfatizzato di un insegnante può solleticare la pelle dello studente offrendo possibilità “mistiche”. Questo tipo di atti fisici in genere inducono lo studente a rispondere in modo positivo alla armonizzazione, credendo che l’insegnante abbia compiuto una cosa piena di significato e, forse, persino, magica.

A loro volta, tali affermazioni positive create da un eccesso di azioni fisiche inducono l’insegnante a credere che la sua armonizzazione abbia “lavorato sul serio”, mantenendo l’insegnante in questa stessa spirale dal significato artefatto. Se lo studente, comunque, non risponde nel modo atteso allora l’insegnante prova disappunto circa la propria prestazione ed abilità.

All’interno della non-dualità un insegnante non è interessato al risultato, esso è soltanto come è: né buono né cattivo. Inoltre, in questo spazio, non vi è bisogno di protezione per noi stessi, durante i trattamenti o le armonizzazioni. Non vi è neanche bisogno di simboli o mantras Reiki, una volta che si sia raggiunto un certo grado nella pratica Reiki – questa è probabilmente la ragione per cui i reiju funzionano senza di essi (simboli). Se noi siamo all’interno di DKM, allora i simboli sono superflui, poichè noi SIAMO già il simbolo e tutto quello che dobbiamo FARE è : ESSERE.

Il modo in cui un insegnante vede se stesso è anche indicativo del suo livello di esperienza. L’ auto-attribuzione dei titoli di master e di grand master sono superflui nella condizione di DKM. Per citare Yukiyoshi Takamura (1928-2000): “Chiunque si riferisca a se stesso come ‘master’, non lo è.”

Per trovare qualcosa di più, a proposito del pensiero che è alla base del sistema di Riki in relazione alla non-dualità e DKM, possiamo esaminare alcune delle informazioni che abbiamo circa Usui Mikao, i suoi insegnamenti ed i suoi studenti. Durante reiju, Usui sensei usava semplicemente sedersi di fronte allo studente, essendo un canale attraverso cui fluiva l’energia universale. Lo studente poi, usava prendere da ciò quello che gli era necessario in quel momento. Sembra che Usui sensei non avesse alcun attaccamento alla procedura e lavorasse all’interno di uno spazio di Unicità.

Dei 2000 studenti di Usui sensei, solo 20 stavano praticando Shinpiden, quando Usui sensei morì. Ciò indica che era richiesto un lungo periodo di tempo, prima di completare gli insegnamenti e perciò che vi era un certo grado di difficoltà relativo alla pratica. Si crede che al tempo di Usui sensei il riconoscimento come Insegnante fosse dato solo una volta che l’insegnate fosse diventato DKM. Quanti dei suoi studenti abbiano in realtà completato Shinpiden è ancor oggi una domanda senza risposta.

Addentrandoci nella comprensione più profonda del lavoro all’interno del sistema Reiki, potremmo dire che tutto ciò che è richiesto al praticante è di essere un recipiente vuoto, per lasciare che l’energia universale vi fluisca. Quanti più pensieri ed attaccamenti abbiamo, tanto più riempiamo di spazzatura il nostro recipiente vuoto e tanto meno l’energia universale fluirà dentro di noi.

Essere un recipiente vuoto non lo si realizza in un week end e neanche in un anno, ma è una pratica che dura una vita. I praticanti Reiki hanno voglia di intraprendere questo viaggio che dura una vita? E’ un qualcosa che comprende l’auto-responsabilità e il lavorare seriamente con gli strumenti che Usui sensei ha messo insieme per noi.

Per intraprendere consapevolmente questa pratica di vita, un praticante Reiki, inizialmente, ha bisogno di capire a livello intellettuale il concetto di DKM. Questo processo ha bisogno di essere supportato da un insegnante qualificato che può guidare il praticante intellettualmente. Dopo avere intellettualizzato DKM, il praticante deve poi fare una esperienza iniziale, tramite le pratiche Reiki tradizionali, per essere un recipiente vuoto. Una volta che questi due processi sono stati compiuti, essi possono essere integrati nella pratica e nella vita di ciascuno. Infine si raggiunge lo spazio nel quale vita e meditazione non sono separate; dove noi siamo l’universo e l’universo è noi, oppure, in altre parole, arriviamo a vivere secondo la nostra vera natura: DKM.

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